Una domenica che ho dedicato a me stesso e che era proprio necessaria per sfogarmi e rilassarmi un po’.
Una domenica ricca, tra montagna, una mostra di Tiziano ed una cena con un caro amico.
Iniziando dalla montagna, beh ecco la piccola scheda del giro di oggi, sulla Pala Alta, poco sopra Belluno, questa selvaggia montagna che arriva a quota 1933 mt, presenta un bel percorso, breve ma veramente simpatico che ci porta ad ammirare il Burel e ad immaginare Franco Miotto che scappa dalla forestale scendendo per creste che a mio avviso, mettono una gran “scaga”…
- Dislivello: 1000 mt circa
- Difficoltà: EE
- Tempo di percorrenza: 4 ore
- Cartografia: Tabacco n. 24 (Prealpi e Dolomiti Bellunesi)
- Partenza: Pian della Fraina (950 mt) – Località Barp.
- Arrivo: Cima Pala Alta (1933 mt)
- Percorrendo da Belluno la statale agordina, si devia per Tisoi e si prosegue fino a Barp, da dove una piccola strada interminabile ci porta fino a Pian della Fraina (950mt) dove si lascia l’auto nel piccolo spiazzo naturale. Da qui si parte per una comoda mulattiera che con modesta pendenza ci fa attraversare l’unico pezzo in bosco del percorso. Incontreremo un arco di pietra per poi proseguire su facile sentiero, incontrando anche dei cartelli indicanti la via da seguire e l’eventuale deviazione per il Monte Peron. In circa 40 minuti si arriva a forcella San Giorgio (1302 mt) dalla quale si piega in destra su comoda e larga cresta. Poco dopo il percorso presenta un primo piccolo gradino attrezzato e comincia a salire con una pendenza un po’ più faticosa. Ne troveremo poco dopo un’altro, e si attraverserà poi a tratti un piccolo canalino ghiaioso. Si risale il pendio pieno di mughi e con maggiore pendenza sino a vedere la “Bareta del Prete”. Da qui velocemente si arriva a vedere la Pala Alta. Per arrivarci si dovrà però scendere un breve canalino attrezzato sulla sinistra per poi risalirlo (I grado). Gli ultimi metri di dislivello ci portano con una discreta fatica sino alla cima (1933 mt), circa 2 ore. Discesa per lo stesso percorso. Percorso da evitare in estate, data la continua esposizione a sud, l’assenza di riparo dal sole, la probabile presenza di zecche data l’erba alta, ed i mughi strapiedi di resina!
Da qualche mese avevo in testa la Pala Alta. Mi sembrava un percorso divertente, non troppo difficile e soprattutto ero curioso di vedere “dal vivo” il blasonato Burel, che fino ad oggi avevo visto solo nelle foto di Franco Miotto. Quest’uomo ha trasformato, un po’ per necessita ed un po’ per passione, la sua “attività” di cacciatore in alpinismo. Ricordo benissimo la sera che ci mostrò le foto a Portogruaro, commentando alcuni percorsi veramente difficili, dicendo “Se ghe passa el camorz, ghe passa anche l’omo”… (Se ci passa il camoscio, ci passa anche l’uomo!) Io e Nicola a quella frase siamo rimasti un po’ perplessi perchè, ehm…, non è proprio così! 🙂
Ad ogni modo, era un mese esatto che non frequentavo roccia, erba e mughi, e la voglia era tanta. Avevo rimandato già un altro weekend perchè Nicola non poteva, e questa volta, visto che Nicola era ancora purtroppo (per lui 🙂 ) indaffarato, mi sono deciso ad andare in “solitaria”. Sì lo so che non si dovrebbe fare, ma ogni tanto c’è bisogno di un po’ di solitudine. Così dopo essermi preso del “Bastardo” da Nicola perchè sarei andato da solo e senza di lui, e dopo le mille raccomandazioni “stà attento, va pian, me raccomando, e sù e sò”, mi sono preparato lo zaino e ho messo dentro la mia nuova bellissima digitale che non vedevo l’ora di provare (pubblicità: Lumix TZ3). Domenica mattina sveglia alle 6: confesso che ho pensato per 5 minuti se era proprio il caso di andare tutto solo in montagna o stare a letto a dormire, ma poi la voglia di fare foto, di montagna e l’orgoglio di non darla vinta a Nicola che era sicuro sarei rimasto a casa, mi ha spinto ad alzare le chiappe dal letto. L’immancabile colazione all’autogrill di Vittorio Veneto ha eliminato gli ultimi residui di sonno. Giunto a Belluno ho controllato le indicazioni per Tisoi, per poi passare per Giazzoi ed infine Barp, da dove parte stà stradina stressa e tutta a tornanti che, dopo una vita, mi ha fatto arrivare al Pian della Fraina. Qui altre 3 persone ed un bellissimo Labrador con tanto di medaglietta al collo del soccorso alpino, stavano partendo per il mio stesso giro.
L’inizio è molto facile, per una mulattiera con segnavia violetta e bianchi, invece che rossi e bianchi (ignoro il perchè di questa differenza di colore…). Mi ambiento gradatamente, un po’ emozionato e felice di essere da solo. Mi da un senso di conquista, di relax e di rapporto più intimo con la montagna. Mi concentro sul percorso, sui rumori e sulla sensazione di aria fresca ed umida che mi entra nei polmoni. Il tempo infatti è coperto, sono in mezzo alla nebbia ed un po’ mi dispiace perchè non so se riuscirò ad avere la possibilità di godermi un bel panorama soleggiato. Ma le previsioni dicevano “schiarite” e sono ottimista. Poco dopo trovo un bel pino che blocca il sentiero, lo aggiro e proseguo. Ci sono alcune deviazioni “consigliate” lungo il sentiero, che poi vedo essere solamente fatte per ammorbidire il dislivello, dato che sono tutti percorsi agibili senza problemi. Mi mettono quasi il dubbio che possa sbagliare percorso, dato che sono tante, ma proseguo. Più avanti incontro l’arco di roccia di cui avevo letto su qualche guida (e questo mi conforta sul fatto che potessi aver sbagliato strada!), simpatico, con una faccina scolpita sulla sommità ed una data all’interno dell’arco: “1986”. Piuttosto recente!
Sento ogni tanto le voci dei tre tipi poco più avanti a me. Rallento, così da lasciarmi un certo distacco da loro, e smanetto un po’ con lo zoom 10x della mia digitale che mi ricorda quanto sia importante avere la mano ferma quando si usa uno zoom elevato 🙂
Proseguo ancora tranquillamente finchè arrivo dopo circa una mezz’ora alla Forcella di San Giorgio (1302 mt recita il cartello che quasi non si nota). Da qui la visuale è affascinante ma limitata. Le nuvole sono basse e continuano a coprirmi tutto, solamente tra una schiarita e l’altra si intrave la valle di fronte ed il percorso sulla destra che mi accingo a percorrere. “Vabbè pazienza”, dicevo tra me e me”, “mal che vada tornerò con Nicola per rivedere il panorama…” Superata la forcella si percorre un breve tratto su cresta e si incontra un gradino con uno spezzone di corda metallica che probabilmente può servire con neve e ghiaccio, ma che in questa giornata non è necessario usare (e lungi da me, dato che non vedevo l’ora di toccare la pietra nuovamente!) Si sale su un pendio erboso che prende una pendenza poco più impegnativa, attraversando questo sentiero tra alberi secchi, mughi ed erba alta. Si incontra un altro gradino, stavolta un po’ più lungo, sempre con corda metallica. Lo si supera come il primo molto agevolmente e si risale ancora per questo sentiero erboso, ora più ripido ed in alcuni punti scivoloso. Si attraversa un canalino ghiaioso, dove sulla sinistra si nota un piccolo tetto, sotto il quale c’è una piccola statuina che non ho idea a cosa si riferisca, ma che deviando, vado a fotografare.
La salita si fa più intensa ed il paesaggio comincia a cambiare, salendo ora su sentiero più ghiaioso, con una presenza maggiore di mughi (ed un sacco di resina), finchè si sbuca fuori dalle nuvole (con mia immensa gioia) e si ha alle spalle uno splendido panorama del Serva. Da qui, alzando lo sguardo si nota la “Bareta del Prete”, segnale dell’avvicinarsi alla meta. Il cielo limpido mi da nuova forza ed entusiasmo e prendo praticamente ad avanzare al doppio della velocità che avevo tenuto fino ad ora, sorpassando poco dopo i tre personaggi con cane. In pochi minuti arrivo alla deviazione, dove una targa mi avvisa che lì inizia “Il viaz da camorz e camorzieri” con segnavia rossi e gialli. Il percorso è quello che porta al Burel, “molto difficile” recita la targa e con una certa resa fisso lo sguardo verso quelle creste per poi ritornare sui miei passi ed arriva all’anticima. Una leggera brezza muove le nuvole e mi fermo ancora una volta ad ammirare questo tappeto. Si vedono le cime e vedo la cima della Pala Alta. Davanti a me l’intaglio che so di dover attraversare e con curiosità scendo verso quegli spuntoni di roccia per vedere cosa mi aspetta.
La discesa è più impressionante che difficile, ma è bella, questo percorso è proprio entusiasmante e quindi scendo (ovviamente anche in questo caso non uso il cavo metallico sempre presente!) e mi ritrovo alla base di questo spuntone. Qui si è proprio ad un bivio. Si può scendere sia a destra che a sinistra per due canali franosi. Non ci sono più segni e resto un attimo perplesso nel capire da che parte si risale. Vado giù da entrambe le parti, risalgo, alzo lo sguardo e non si vedono segni. Poi invece guardando meglio, scopro che la scelta giusta è il canale di sinistra. Poco sopra infatti si nota uno spezzone di corda metallica per proseguire la salita. E così via a superare questo breve ma divertente tratto di primo grado che mi porta sulla parete sud della Pala Alta. Da qui risalgo gli ultimi metri di dislivello, mentre vedo arrivare all’intaglio gli altri tre… Proseguo tranquillo e veramente felice. Arrivo in pochi minuti sulla vetta. Pala Alta, 1933 mt. La vista è bellissima. Mi ricorda un po’ l’escursione fatta a novembre dello scorso anno sul Dolada: un tappeto di nuvole copre tutta la vallata, mentre a nord le cime sono stupende ed il cielo è di un azzurro intenso. Si vede l’Agner, ed in fonto si notano il Tamer e il Castello di Moschesin. Al mio fianco destro la Schiara ed il Burel! Burel… ma come cavolo faceva Miotto ad andare su e giù con fucile e camosci in spalla?!?!?
Grande senso di appagamento! Fare una cima da soli è una sensazione diversa e me la gusto tutta. Mi siedo, mi godo il sole, mi vesto perchè l’aria è fredda, bevo un po’ di the caldo, faccio qualche foto ma soprattutto lascio che la mia mente si svuoti da tutto… Aaahhh che benessere!
L’atmosfera viene rotta solamente dall’arrivo del gruppetto dei tre, che però non disturbano e si siedono anche loro a mangiare. Butto qualche frase per fare conoscenza ma non sono molto socievoli, quindi dopo aver chiesto una foto, mi sono fatto gli affari miei. Era mezzogiorno, ci avevo messo due ore e 15 minuti, con tutta la calma possibile. Non avevo pensato di metterci così poco e mi rendo conto che per le due del pomeriggio sono già all’auto. Quindi decido di sfruttare al meglio la giornata. Dopo il pranzo, rimetto lo zaino sulle spalle, saluti i tre personaggi e parto per la discesa. Mi rigusto il piccolo tratto di primo grado, faccio un breve filmatino per far “ciccare” Nicola e poi parto a razzo. In neanche un’ora e mezza sono all’auto, mi cambio e dopo aver finito il the, parto per il centro di Belluno. Avevo la curiosità di vedere la mostra di Tiziano che c’era in questo periodo e così, data l’ora perchè non approfittare dell’occasione?
Il sole nel frattempo aveva fatto capolino anche in valle, la giornata era diventata bella e calda. Parcheggio l’auto poco lontano dal centro e mi dirigo con calma verso Palazzo Crepadona, dove era allestita la mostra. 10 euro per l’ingresso, mi lasciano anche tenere alla cinta la digitale (con la promessa di non usarla) e salgo al secondo piano per iniziare la visita. Non sono un esperto d’arte e forse nemmeno un appassionato, dato che la seguo per il solo gusto del piacere, quando capita e non con l’assiduità di chi si interessa o lo fa per lavoro. Sentire i discorsi ed i commenti della gente un po’ più “snob” mi dava anche un po’ fastidio.. Però su alcuni punti mi sono visto concorde con alcuni di loro. La mostra non era un granché, gli spazi erano ristretti e le luci a mio avviso sbagliate. Essendo poi domenica, era pieno di gente ed a fatica si riusciva a godere della vista completa di qualche opera, se non aspettando che la gente si togliesse di fronte. Il giudizio delle opere è soggettivo ovviamente. Alcune mi sono piaciute in modo particolare, ed anche qualche bellissimo schizzo, altre invece non mi hanno trasmesso nulla. Finita la mostra, all’uscita ho avuto una bella sorpresa: una coda di gente che aspettava per entrare! Ed io che mi lamentavo di aver trovato gente! Ero stato già fortunato ad entrare un’ora prima di quella ressa!
Dopo la mostra, un breve giro per la piazza, dove c’era anche un raduno di vecchie fiat, alcune delle quali veramente carine. Poi il ritorno a casa, una pizza con Nicola per raccontargli il giro e mostrargli le foto ed infine a letto, compiaciuto della mia giornata, passata tra arte della natura e arte dell’uomo.
La bottega di Ivo Vecellio.
Come ti invidio…
Sarei dovuto partire venerdì pomeriggio per un fine settimana lungo in montagna, purtroppo tristi impegni mi hanno costretto a rimandare al sabato pomeriggio. L’idea era quella di fare il Venezia partendo da Zoppè, o un qualche itinerario nel gruppo del Bosconero dopo aver passato la notte al Rifugio Remauro. Niente da fare, la notte l’ho passata sì al Remauro, ma in piedi a svuotare l’anima dentro il water, e anche adesso che scrivo non è che stia proprio una favola.
Però ecco il colpo di scena: giovedì, o sabato, perchè non organizziamo una bella uscita in compagnia, cercando ci coinvolgere anche quel poco di buono di Matrix? Un’uscita facile, non troppo impegnativa, per fare qualche bella fotografia, passare un po’ di tempo insieme e trovare magari anche un posto dove cenare e fare baldoria?
P.S.: Lo so che in solitaria non si fa, ma è così bello…
In alto i cuori!
Cioli
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