Eeehhh sì, finalmente è arrivato L’Antelao! Una signora vetta che da un mesetto a questa parte Nicola ed io nominavamo tra gli obiettivi “onorevoli” da completare! Ecco la scheda del giorno:
- Dislivello: 2000 mt
- Difficoltà: EEA (buon allenamento e passo sicuro richiesti)
- Tempo di percorrenza: 9/10 Ore
- Cartografia: Tabacco n. 25 (Dolomiti di Zoldo, Cadorine ed Agordine)
- Partenza: Parcheggio seggiovia San Vito di Cadore (1275 mt)
- Arrivo: Cima Antelao (3264 mt)
- Dal parcheggio si risale la strada (possibilità di tagliare per la pista da sci) verso il Rifugio Scotter (1580 mt). Da qui si prosegue per segnavia 229, su sentiero ghiaioso fino alla congiunzione con il 227 (1877 mt). Lo si prosegue sino a Forcella Piccola (2091). Da qui inizia la salita verso il vallone ghiaioso che ci porta fino all’attacco in cengia (Targa commemorativa) Si risale lungo cengia obliqua ed esposta fino al passaggio sulla sovrastante ampia lastronata. Qui, per pendenze intorno ai 25°, si risale dapprima su ghiaione, poi su placche lisciate e scavate dall’erosione fino ad un intaglio che ci fa salire sulla seconda lastronata, che aumenta di inclinazione (35-40°). Si prosegue in aderenza sui lastroni, piegando verso sinistra, raggiungendo il Bivacco Cosi (nascosto da uno spigolo, 3111 mt). Si continua su rocce e passaggi più stretti, in alcuni punti esposti, con qualche salto di I, ci si porta sul versante Ovest dove esposti, si risale un camino (cavo d’acciao come aiuto e passaggi di II) si prosegue ancora in cresta esposta verso Est sino ad arrivare alla Cima (3264 mt).
Detto anche “Il Re delle Dolomiti”, è per la sua altezza la seconda cima di queste “montagniuccie”, e devo concordare che se lo merita tutto questo soprannome.
Quest’anno va così: la mancanza delle morose ci ha portato a frequentare un po’ di più le montagne, e quindi ad essere un tantino più allenati. Nicola poi quest’anno viaggia come una spada, non c’è che dire! E così, quando una sera, cenando a casa sua, mi ha proposto l’Antelao, io sono rimasto un po’ perplesso. Lui ovviamente non parlava di fare due giorni e di partire dal Galassi, ma di farcelo in giornata, partendo da San Vito di Cadore, spararsi in vena duemilametri di dislivello e tornare giù a bere una birra. Beh, ero perplesso, non sapevo effettivamente se sarei stato in grado di farmi tutta stà fatica senza essere d’intralcio e se la difficoltà tecnica mi avrebbe bloccato a metà strada o chissàdove. E così decidemmo di farci qualche uscita prima, e la cima del Pramper è stata l’escursione che mi ha convinto che 2000 metri li potevo fare… A fugare qualsiasi altro mio dubbio poi fu un sms del mio compare, che da buon psicologo aveva fatto gran presa sul mio orgoglio! (Non lo riporto perchè c’è la privacy! 🙂 )
Il problema principale era partire: non volevamo arrivare a casa tardi e quindi decidemmo di partire alle 5 del mattino, ergo mi sono svegliato alle 4! ARGH!!! Che brutto dover rinunciare all’unico giorno di riposo della settimana! Ma va beh, si fa anche questo pur di assecondare il proprio orgoglio di camoscio 🙂 Così, con un po’ di emozione e di entusiasmo per il primo vero obiettivo di questa estate, ho messo lo zaino in auto e via con Nicola fino a San Vito di Cadore. Dopo un cappuccino al bar, abbiamo risalito la strada fino al parcheggio della seggiovia. Da qui la strada che porta al Rifugio Scotter è chiusa durante il giorno (se non sbaglio dalle 7:30 del mattino alle 18) ma anche se fosse stata aperta, noi avevamo deciso di partire dal parcheggio (1275 mt). La temperatura era di ben 8°, ma si prospettava una bella giornata di sole.
Ore 7:15. Si parte risalendo la strada asfaltata nel primo tratto (c’è la possibilità di tagliare ovunque se si ha fretta, ed infatti alcuni li abbiamo visti salire direttamente per la pista di sci). Camminavamo con calma, volevamo godercela e scaldarci gradulmente, così da risparmiare le energie per la parte più impegnativa. Il paesaggio è già affascinante, pareti di roccia ci abbracciano, ed il Pelmo alle nostre spalle è qualcosa di magico, soprattutto nelle prime ore del mattino, quando il sole lo incendia.
L’asfalto lascia ben presto posto alla ghiaia e si sale, superando il Rifugio Scotter (1580 mt), che resta sotto di noi. Segnavia e cartelli per gli altri rifugi della zona sono sempre ben presenti, ed il sentiero taglia verso destra, comodamente tra i mughi. Poco dopo lo Scotter inizia il segnavia 229 che con un po’ più di pendenza risale di circa 200 mt sino ad incrociare il sentiero 227 che quasi in piano ci porterà alla Forcella Piccola. Il sole comincia a spuntare dalle pareti, illuminando i Becchi d’Imposponda, ed alzando leggermente la temperatura. Si comincia ad intravedere la cima dell’Antelao e la sua imponenza. Notiamo delle macchie bianche proprio sulla vetta ed i nostri pensieri corrono subito alla possibilità che ci sia troppa neve o ghiaccio da non permetterci di arrivare fino alla cima. Sarebbe una beffa, dato che Nicola già al suo primo tentativo ha dovuto rinunciare proprio a causa della neve, ed a me sarebbe comunque dispiaciuto fare duemila metri per fermarmi al bivacco. Ma si sa che in montagna queste cose accadono molto spesso e ci si deve solo rassegnare a riprovare. Rischiare non ha senso, soprattutto senza attrezzatura, ed è la prima regola da imparare, se si vuole continuare ad andare per creste.
Comunque a parte i cattivi pensieri, abbiamo proseguito e con tranquillità siamo arrivati in Forcella Piccola (poco interpretabile il cartello che segna “forse” 2091 mt, mentre la cartina segna 2120 mt) . Qui siamo al sole, c’è gente che proviene dal Rifugio Galassi ed altri stanno già risalendo verso il ghiaione. Si prevede una giornata splendida ma affollata! Ci godiamo un attimo il panorama della forcella, con Cima Scotter proprio al nostro fianco, un’imponente muro di torrioni di roccia che mi danno quella sensazione di profonda piccolezza ed allo stesso tempo mi invitano a non dare niente per scontato ma anzi, ad avere la massima prudenza e rispetto per la montagna.
Si comincia quindi a risalire tra rocce ed erba, ed incontriamo un po’ di gente che scende. Chiediamo se sono andati in vetta e se c’è neve. Alcuni ci rispondo che non sono andati, altri che fino a ieri c’era un lastrone di ghiaccio a causa delle pioggie degli ultimi giorni, altri ci dicono che ci si arriva, nonostante qualche piccolo pezzo di ghiaccio e neve. Insomma notizie diverse da ognuno di loro! “Staremo a vedere” è la nostra filosofia e proseguiamo su questa conca erbosa, finchè inizia il ghiaione. Partendo presto ci troviamo fortunatamente all’ombra, il ghiaione non è così schifoso, a parte qualche tratto più scivoloso, ma con calma lo risaliamo. E’ abbastanza lungo da fare ma siamo ancora freschi ed arriviamo all’attacco della parete rocciosa, dove inizia il percorso più “divertente” (una targa commemorativa sembra quasi voler rinnovare l’invito ad essere prudenti!). Qui si risale su gradinate oblique a zig zag, in alcuni punti esposte. Si arriva così alla “Bala”, superando così questo versante e portandosi sul pendio Nord. Pendio largo, con una inclinazione notevole. Si risalgono queste lastre di roccia, scavate dal ghiaccio e dalla pioggia, dapprima piene di ghiaia e sassi, e poi più pulite. Qui alzando lo sguardo si ha una vista incredibile. Dal versante nord, inclinato, si ha l’impressione che da un momento all’altro la lastronata superiore si stacchi e scivoli verso di noi. Anche il panorama comincia a farsi interessante, dato che siamo ormai a più di 2500 mt. Oltre al panorama, anche la fatica si fa sentire, e risalire queste lastre di roccia, nonostante l’ottima presa delle suole, è faticoso. Molta gente sta scendendo e solo pochi salgono ancora, ma molti si fermeranno per nostra fortuna al Bivacco Cosi.
Si prosegue piegando verso destra per poi entrare in una sorta di trincea, dove si scende di qualche metro con un passaggio di I+ un po’ esposto per poi risalire un breve camino dalle pareti oramai lisce per gli innumerevoli passaggi (I+). Si risale di nuovo verso sinitra, passando sulla seconda lastronata, dove la pendenza aumenta ancor di più, tra ghiaino e lastre pulite. Man mano che si sale il pendio si restringe e ci si tiene sul lato sinistro, dal quale si possono vedere i due ghiacciai dell’Antelao, quello Inferiore e quello Superiore.
Siamo certi che in vetta ci si può arrivare, così almeno ci rassicurano un paio di ragazzi dall’aspetto “sicuro” e ci rallegra non poco questa notizia. Il Bivacco Cosi (3111 mt) non lo vediamo nemmeno perchè nascosto dietro uno spigolo, ma proseguiamo sul percorso verso la cima. Qui incontriamo ancora gente che scende e ne siamo felici, questo significa meno caos in vetta, soprattutto nei punti più critici. Siamo quasi gli ultimi a salire, non abbiamo gente alle calcagna e questo ci da modo di salire con i nostri tempi (non che andassimo poi così piano!)
Proseguendo, il percorso si fa ora più difficile, in molti punti si è esposti e il vento di quota si fa sentire. Ancora un passaggio di I+ da fare per passare sul lato Est, dove alcuni preferiscono risalire al centro del canalino, altri passandolo per il lato esterno. Noi abbiamo fatto il canalino il salita ed il lato esterno in discesa. Si risale finchè si ritorna sul lato Ovest, dove bisogna fare particolare attenzione ad un tratto inclinato e con una bella pellicola di ghiaccio sopra. Una corda con nodi però aiuta a superare anche questo passaggio. Qui gli ultimi di un gruppo di 25 persone scendono (25 persone tutte insieme!!! Per fortuna erano le ultime…) ed altri due ragazzi stanno salendo davanti a noi. Quattro chiacchiere in attesa che il gruppo ci lasci strada e risaliamo ora nel punto più esposto, dove un canalino di II lo si passa con l’aiuto di cavo metallico (sfruttato di brutto, soprattutto la staffa per fare il primo salto ed arrampicarmi sopra le rocce!) Qui si prosegue verso una forcella, scendendo un breve tratto di I e risalendo nuovamente sul versante Est su tratto esposto sottocresta che porta fino alla cima! (3264 mt)
Io e Nicola ci scambiamo un cinque e ci facciamo i complimenti, insieme agli altri due ragazzi che ci precedevano di poco. La cima dell’Antelao!!! Qui il vento soffia e mi metto il pail che ho nello zaino. Il panorama è stupendo, peccato solo per alcune nubi verso Sud che ci vietano di vedere le cime conquistate negli scorsi Weekend. Si vede tutto! Pelmo (stupendo), Marmolada, Croda Rossa, Tofane, Sorapiss, Marmarole, fino alle cime Austriache, alle Odle, insomma un panorama da favola. La giornata è splendida, calda e mi siedo dietro ad una roccia così da essere riparato dal vento. Sono stanco e mangio di fretta, mentre Nicola scatta un po’ di foto e firma il libro di vetta. Gli altri due svuotano salame, formaggio e tutto un negozio di alimentari dalla zaino. Arriva un altro tedesco solitario, che si siede un po’ più in la… Io mi riposo ancora un po’ e poco dopo decidiamo di scendere. Ma dopo pochi metri ho un piccolo giramento di testa e mi fermo di nuovo qualche minuto. Probabilmente mi è rimasto il cibo sullo stomaco per la fretta di mangiare, ma per fortuna dopo un po’ comincio a digerirlo e mi sento meglio, burp!
Scendiamo quindi per la stessa via, io a dire il vero un po’ preoccupato per il mio stato fisico, ma rifiuto l’uso della corda che Nicola aveva nello zaino. Volevo finire la mia vetta senza ulteriori aiuti, per il mio orgoglio montano. Avevo visto altra gente più imbranata scendere senza aiuti, e quindi mi ero imposto ancora la massima concentrazione e tranquillità. Pochi passi alla volta ma fatti bene. Il passaggio con il cavo metallico è quello che mi impensierisce di più, perchè scivolare da lì significa andare giù direttamente per il versante Ovest. Ma alle volte farlo è più facile che a dirlo e così è stato. Anche il secondo salto, che stavolta passiamo all’esterno, su roccia obliqua, in aderenza di suola, è delicato ma basta essere concentrati e tenere piedi e mani saldi sulla roccia.
Da qui siamo praticamente fuori dalla zona più esposta. Troviamo altri due che stanno salendo, uno di Santa Maria di Sala ed uno dalla Valle D’Aosta. Scambiamo due chiacchiere a proposito del gruppo di 25 persone incrociato prima, due risate, e dopo lo scambio di “buona salita” e “buona discesa” riprendiamo il nostro percorso. Deviamo un attimo verso il Bivacco Cosi (almeno per vederlo), dove Nicola si ferma per un bisognino. Bisognino che ci fa perdere una buona mezz’oretta per problemi tecnici e dove “l’indelicato” tedesco incontrato prima in vetta, non si preoccupa di passare proprio davanti alla “toilette” di Nicola. Beh, no comment, anche se il momento è decisamente divertente per me, nel vedere il tedesco che si ferma a guardare Nicola e Nicola che lo guarda come per dire “ma vaff.. cazzo guardi?!?!? Proprio de qua te dovea passar???”
La pausa mi lascia il tempo di riposare un pochino e digerire quel pasto mangiato troppo frettolosamente. Nel frattempo vedo i due ragazzi di prima che cominciano a loro volta a scendere. Scendiamo con passo tranquillo lungo questa fantastica scultura di rocce scavate dal lavoro di pioggia, ghiaccio, vento e ghiaia, rocce dalle forme e dagli incastri veramente affascinanti. Qualche foto allo splendido panorama e dopo aver passato gli ultimi due salti, arriviamo al passaggio che ci porta nuovamente sulle cengie esposte, sulla “Bala”. Qui va posta nuovamente attenzione, perchè la roccia è sempre in pendenza, in più punti stretta ed esposta. Scendiamo a zig zag, come per la salita, finchè siamo costretti a stare in coda ad un gruppo di 4 persone che vanno con molta calma. Il più anziano di loro ha un gomito pieno di sangue e capiamo quindi del perchè di questa lentezza. Giunti all’attacco del ghiaione, Nicola fa l’ennesima pausa “toilette”, mentre io ne approfitto per mangiare un frutto e chiedere al signore se ha bisogno di disinfettare la ferita. Mi viene gentilmente detto che non è necessario ed i quattro proseguono con calma sul ghiaione, salutandoci. Nel frattempo altri due, vestidi da ciclisti (di gente strana ce n’è!) risalgono la cengia.
Siamo oramai fuori “dai pericoi” e riprendiamo la discesa per il ghiaione, che ci permette di scivolare un po’ (anche se faccio un paio di cadute impreviste con conseguente bestemmia mia e risata di Nicola!). Arrivati sui pendii erbosi, altra pausa per Nicola, mentre io scendo lento lento, voltandomi più volte per ammirare con soddisfazione il percorso fatto, girando lo sguardo verso il Sorapiss e prendendo il caldo sole di Agosto in viso. Riaggancio i 4 e li sorpasso, Nicola è subito dietro e siamo finalmente in Forcella Piccola! E’ fatta! L’Antelao è nostro e Nicola alza i pugni al cielo esultando! Grande soddisfazione anche per me, veramente grande. Dalla forcella scendiamo prima con calma, poi tagliando di brutto per i ghiaioni (e qui ovviamente mi sono fatto venire stupidamente le vesciche!). Arriviamo velocemente al rifugio Scotter, dove ci sediamo proprio con il viso verso il Pelmo e le nostre birre alla sinistra, verso l’Antelao! Gran bel colpo d’occhio dal rifugio, non c’è che dire. Prosciughiamo la bibita, ci gustiamo per qualche minuto la comodità di una sedia, il calore del sole, ed una piacevole brezza. Abbiamo ancora gli ultimi 300 metri da fare, e anche se sarei rimasto su quella sedia a dormire, ripartiamo perchè sono le 18, la seggiovia è stata appena chiusa e noi abbiamo anche due ore di auto per arrivare a casuccia.
Tranquilli per la strada esultiamo ancora per la nostra vetta conquistata, la riguardiamo finchè è possibile, fino alle ultime curve, in tutta la sua maestosità; e poi con il mio solito zoppiccare da vesciche, giungiamo all’auto. Dopo un po’ arrivano anche i due ragazzi che avevamo incontrato scendendo. Avevano avuto la fortuna di trovare un passaggio in auto dal Rifugio e così si sono risparmiati l’ultimo tratto. Ancora quattro chiacchiere e scopriamo che il signore con il braccio insanguinato ha rischiato di morire.. Proprio di fronte a loro! Il tipo, con superficialità, in un passaggio piuttosto esposto ha deciso di fare di testa sua, ed i due ragazzi, appena si sono voltati per andare avanti, hanno sentito l’urlo della donna che era con quel gruppo. Il signore ha perso la presa, cadendo di schiena e rischiando di finire giù per il dirupo. Fortunatamente lo zaino ha attutito la caduta e non è scivolato giù, ma la paura è stata tanta e da quanto ci dicevano aveva battuto anche la testa. Ovviamente si sono sprecate tra noi le frasi sul fatto che di irresponsabili ce ne siano tanti, e che dopo una caduta del genere, ad una certa età, e battendo pure la testa, era il caso di chiamare il soccorso, invece di scendere ancora in autonomia.
Ma purtroppo questo è forse il periodo peggiore per la montagna. Questa settimana, per 4 giorni di fila, leggevo sul quotidiano articoli di salvataggi sulle montagne. E tutti sono stati necessari a causa di inesperienza o superficialità. Previsioni meteo ignorate, attrezzatura inadeguata, allenamento inadatto creano purtroppo queste situazioni, che alle volte finiscono tragicamente. Ma non voglio fare la morale, non è il momento adatto direi e non penso di essere la persona più indicata…
I due simpatici ragazzi sono rimasti con noi a chiacchierare un po’ e poi, salutandoci, ognuno è tornato alla propria auto per sbaraccare zaini, ripulirsi un po’ e partire verso casa. Anche stavolta corda ed imbrago sono stati un peso in più nello zaino… Un peso rassicurante però…
Massima soddisfazione per questa cima, il mio primo vero obiettivo “sentito” di quest’anno. Una cima che mi ha fatto venire voglia di mettere mano sulla roccia ancora di più. E’ quel misto di sensazioni, tra il timore e la soddisfazione, che già ho sentito più volte in altri sport, che mi solletica a continuare. Del prossimo traguardo non so ancora quando ne potrò parlare, ma intanto ci prepariamo, tempo permettendo, alla prossima cima!
Ivo
Le foto ovviamente son qui:
Complimenti!!!!!!! Bravi!!!!!! Ben fatto!!!!!
Bello, bellissimo, meraviglioso….aaahhh quanto avrei voluto essere con voi!!!!
Devo dire che il modo con il quale racconti le vostre uscite e` talmente coinvolgente che sembra quasi di “viverle” di persona!
Come se non bastasse poi, quando si passano in rassegna le foto…..stupore, meraviglia, sorpresa…il Nicola mi e` diventato pure fotografo, eheheheheh!!!! Possibile che sia solo merito del mezzo tecnologico? Nooooo, la verita` e` che, la montagna, la pietra, la roccia, il paesaggio tutto e` talmente fotogenico che chiunque sarebbe in grado di fare belle foto, ahahahah (Nicola, amico mio, scherzo naturalmente…complimenti x le immagini, bravo)!
Ragazzi, continuate cosi, tramite voi, i vostri racconti e le vostre immagini, riesco a “vivere” la montagna in attesa di poterci tornare piu` assiduamente!
Un saluto
PS: Da morir dal ridere la frase: “Proprio de qua te dovea passar???” E` easattamente quello che Nicola avra` pensato in quel momento!!!
PS2: Suona come una minaccia ma non lo e`: l’anno prossimo spero proprio di poter partecipare ad una delle vostre uscite
PS3: In giornata vi mando un paio di immagini
Grazie Michele, i commenti sono sempre cosa gradita, soprattutto se così positivi come i tuoi 🙂
Allora visto che piace, continuerò su questa strada!
Bene dai, allora ci vediamo per la tua “minaccia” sicuramente (per l’uscita) così almeno abbiamo tutto il tempo di criticare il nostro fotografo in erba..
Aspetto con curiosità le tue foto 😉
Ciao!!!
Complimenti amico mio!
E che “ciccada”!
La mia cima più difficile quest’anno è stata la Piccola Rocca dei Baranci, da solo, con gli ultimi 200 m di dislivello sotto la pioggia e con la nebbia a coprire cima e panorama. Proprio una bella soddisfazione per te e Nicola, mi dispiace non essermi aggregato ma se mi passa la sciatica ho un mente un paio di cose da fare entro fine settembre che potrebbero vederci protagonisti insieme.
A presto, e complimenti ancora, anche per le foto stupende.
Fabio
Complimenti per il racconto, divertente e rassicurante per me che quest’anno voglio affrontare questa meravigliosa salita, forse da solo , forse in compagnia…ciao
bella cima, la conosco perchè un amico più volte mi ha invitata a farla, assicurandomi che è spettacolare e alla mia portata. Non ci siamo mai andati, ma lui la vuole fare quest’estate in 5 ore al massimo, partendo proprio dal parcheggio della funivia che avete utilizzato voi. Dite che ce la farà, o non si può fare?
A.
Ciao Alice, grazie per il tuo commento! E’ davvero meritevole e se riesci ad andarci ne rimarrai entusiasta!
5 ore andata e ritorno??? Se siete in ottima forma, senza carichi, in modalità runner, ce la fate. Se è un trekking “normale” io ho segnato 9/10 ore perché sono 2000 mt di dislivello e ci si gode anche un po’ il panorama, con qualche tempo morto, soprattutto se trovi gente perché qualche passaggio è obbligato verso la fine e devi aspettare che passino gli altri.. Se va avanti i freddo, consiglio ramponcini o tre punte per la cima perché lì c’è sempre qualche lastra di ghiaccio..