Questo è il racconto di una giornata intensa, di un percorso faticoso, in parte imprevisto, in parte voluto, di deviazioni, di soddisfazioni, di 12 ore di montagna, di sudore e qualche bestemmietta. E’ il racconto del “giretto”, fatto con Nicola, sulla vetta del Pramper, partendo bassi per fare un po’ di “allenamento” si era detto, in previsione dell’Antelao, che ci costerà 2000 mt di dislivello.
Vi do le info tecniche del nostro percorso, ma il giro può avere parecchie varianti, quindi è di buono spunto ma può essere personalizzato e soprattutto abbreviato, in particolar modo per chi è interessato ad andare in vetta e non camminare molto.
- Dislivello: 2300 Mt
- Difficoltà: EE (discreto allenamento richiesto)
- Tempo di percorrenza: 10/12 Ore.
- Cartografia: Tabacco n. 25 (Dolomiti di Zoldo, Cadorine ed Agordine)
- Partenza: Soffranco, Val del Grisol, al Ponte (720 mt circa)
- Arrivo: Cima Pramper (2409 mt)
- Giro quasi ad anello, risalendo il sentiero 513 per la Val Costa dei Nass fino al Rifugio Pramperet Sommariva (1857 mt), proseguendo poi per segnavia 521 sino a Forcella Piccola (1943 mt), arrivo in cima al Monte Pramper, ritorno alla Forcella e discesa sino a Casera de Cornia (1733 mt) scendendo poi per segnavia 573 fino a Casera de la Cazeta. Da qui si risale in ambiente molto rigoglioso sino a Forcella de la Cazeta (1838 mt) per poi ridiscendere in Val Costa dei Nass deviando verso destra in mezzo ad un bosco pieno di fogliame secco sino a ricongiungersi alla strada sterrata che riporta al punto di partenza.
Ok dopo la premessa ed il riassunto poco tecnico, ritorniamo al raccontino. Abbiamo deciso di partire da poco più su di Grisol de Dentro, in Val Costa dei Nass, lasciando l’auto proprio poco prima di un ponticello in cui c’è il divieto di accesso, a circa 720 mt di quota. La nostra destinazione iniziale era cima Pramperet, perchè presenta qualche passaggino interessante che ci avrebbe permesso di metter mano sulla roccia. Pensavamo di fare intorno ai 1600 mt di dislivello, quindi non una cosa esagerata ma buona come allenamento, in vista come detto prima, dei duemila metri di dislivello da fare prossimamente per raggiungere la cima dell’Antelao. Beh, non è andata proprio così…
La risalita della Val Costa dei Nass, lungo il sentiero 513 mi ha fatto sudare un pochino, forse perchè sono partito incosciamente troppo veloce, o forse perchè semplicemente andava su abbastanza “impirata”. Comunque dopo un’ora e 20 minuti avevamo fatto già 700 mt di dislivello, che per le mie modeste capacità fisiche, non era proprio da buttare. Il percorso è in bosco, rigoglioso e selvaggio, e ci alternavamo ad un gruppo di tre signori che erano partiti poco prima di noi. Giunti al confine tra Val Costa dei Nass e Val Pramperet c’è un simpatico breve traverso con corda fissa che passa proprio sull’unica costa che permette questo passaggio. Da qui il paesaggio è veramente suggestivo: pareti di roccia tutt’intorno ed uno strapiombo sotto ai piedi (mi sono tenuto ben saldo alla corda!!!).
Passata la valle la pendenza diminuisce un po’ ma si continua a salire fino ad arrivare al piano della Casera di Pramperet (1776 mt). Erba alta ed una bella visuale a trecentosessantagradi sulle montagne tutte intorno, Pramperet sulla destra, Cime de Zita sulla sinistra ed il percorso dell’alta via n.1 davanti a noi. Il percorso ora devia verso destra e risale verso il il rifugio Sommariva Pramperet (1857 mt). Qui ci siamo concessi una piccola sosta ed abbiamo goduto della vista del Castello di Moschesin con nostra grande soddisfazione! 🙂
Si riprende il sentiero 521, si scende un pochino a causa delle deviazioni dovute a qualche frana (il sentiero è in molti punti delimitato da pezzi di filo di plastica, di cordini e filo spinato che “invitano a non proseguire” 🙂 ) sotto un sole che per fortuna questa volta è leggermente velato… Dopo una mezz’ora si arriva in Forcella Piccola (1943 mt) Ottima visuale delle cime e della Val di Cornia. Poco dopo è arrivato anche il gruppetto di 3 amici che avevamo incrociato all’inizio. Loro sarebbero scesi per Casera de Cornia. Noi invece abbiamo proseguito in sinistra, tenendoci abbastanza in quota, tagliando il vallone della Cornia. Qui dapprima si passa tra i mughi su sentiero ben visibile, per poi finire su ghiaione, dove numerosi e ben visibili ometti segnalano la salita. Qui abbiamo fatto un piccolo grande errore perchè ci siamo confusi un attimo le idee e siamo andati troppo avanti, illusi dagli ometti, passando il punto nel quale dovevamo risalire per andare verso il Pramperet, e così siamo andati avanti, in direzione del Pramper. Un gruppetto che scendeva ci ha fatto notare l’errore, e con un po’ di disappunto ce la siamo messa via (oramai eravamo ben alti e avanti) ed abbiamo proseguito per il Pramper. Nicola ovviamente è stato ferito nell’orgoglio 🙂 per me invece andava bene lo stesso. Gli errori servono anche ad imparare meglio e non dare niente per scontato!
Così, con un po’ di tristezza per questo imprevisto, abbiamo attaccato il canalone fino ad arrivare alla Forcella del Palon (2188 mt). Da qui si risale lungo il versante nord, seguendo gli ometti sempre presenti, su massi enormi e ghiaione. Il ghiaione del Moschesin era ancora vivo nella mia testa e quindi questo era una passeggiata a confronto. L’ultima parte è stata abbastanza faticosa per me, perchè comunque avevamo in corpo già 1600 mt di dislivello. Un su e giù tra massi enormi fa di questo tratto un percorso suggestivo. Si passa un piccolo muretto di I° grado, per poi riscenderlo sulla destra e risalire ancora una volta per un passaggio in I° grado. Nel ghiaione si arriva in breve alla piccola cima dove una croce di legno segna il punto più alto (2409 mt). Da qui ci siamo rigustati le nostre vette già conquistate (Moschesin, Tamer, San Sebastiano) e girandoci a sud sapevamo che più in là, nascosta, c’era la Croda Auta e la cengia dell’Adriano che ci faceva l’occhiolino (non la faremo mai…) E oltre a tutta questa bella visuale, verso sud, nemmeno cento metri più in basso, il Pramperet ci salutava con un po’ di astio per il nostro involontario tradimento 🙁
Il sole andava e veniva, e visto che avevamo recuperato un po’ le forze (io avevo recuperato perchè Nicola non era manco stanco…) ho proposto una piccola deviazione: “Invece di tornare da dove siamo venuti, perchè non fare il giro per Forcella de la Cazeta?” Perchè no? Del resto erano solo altri circa 300 mt di dislivello, ma ci sentivamo bene e non avevamo fretta! Figurarsi poi se Nicola avrebbe detto di no 🙂
Così, dopo un lauto pasto a base di sandwich con tonno, philadephia, speck ed insalata (si lo sò che è un miscuglio ma a me piace!) qualche prugna, un’albicocca ed un paio di biscotti, siamo partiti giù in discesa nuovamente verso Forcella Piccola.
A metà del vallone abbiamo girato lo sguardo verso l’alto ed abbiamo guardato il canalone che porta al Pramperet. Certo che se uno non sa che deve farlo.. è un po’ difficile immaginare che si possa fare! Vabbè, “Amen” ci siamo detti ed abbiamo proseguito.
La discesa ci porta velocemente a Casera de Cornia, dove qualche cavallo ed una fontana d’acqua un po’ “calcarea” ci hanno dato il benvenuto. Siamo di nuovo in un piano, circondati dalle montagne. Qui il paesaggio è bello ordinato, erba corta e spazi aperti. Scendiamo di qualche metro per attraversare un piccolo torrente dopo il quale inizia nuovamente il sentiero 573 che scende verso destra, riattraversando poco più avanti il torrente. Qui bisogna fare un minimo di attenzione a non perdere i segnavia, altrimenti si rischia di finire in altri sentieri tracciati che portano in giro per i boschi. L’erba ricomincia ad essere più alta e mano a mano che si procede l’ambiente torna ad essere piuttosto selvaggio. Erba alta e piante lussureggianti nascondono in parte le tracce del sentiero ed in un paio di occasioni ci dobbiamo fermare per cercare bene il giusto proseguire del sentiero. Nell’attraversare il torrente ci gustiamo anche una bellissima cascatella, molto suggestiva, immersa nel verde, che ci fa venire voglia di buttare i piedi dentro. Ma la strada è ancora lunga e dobbiamo proseguire.
Giungiamo quindi a Casera de la Cazeta, in uno spiazzo dove il sentiero (sempre con bolli rossi nascosti dall’erba alta) taglia in destra, risalendo dapprima con modesta pendenza e poi aumentando in modo piuttosto spinto. Qui arrivo piuttosto stanco. Risalire per me è piuttosto faticoso e tengo obbligatoriamente un passo lento e costante per non sfinirmi. Arriviamo finalmente in forcella, dove ci accoglie una leggera brezza. Mi concedo un piccolo spuntino metre il cielo si fa un po’ scuro e cominciamo a sperare che non arrivi la pioggia…
Qui purtroppo commettiamo il secondo errore della giornata perchè siamo convinti di trovarci in Forcella de la Cazeta, mentre in verità per arrivare alla forcella il sentiero piegava a destra per un lungo tratto. Ci inganna invece questo sentiero, in parte segnato, che siamo convinti essere quello corretto. Alla nostra sinistra un sentiero poco battuto porta verso una piccola cima, ed a destra la stessa cosa. Giriamo un po’ intorno ma non troviamo tracce chiare. Siamo però convinti che da qui si debba scendere, il tempo inizia ad essere ventoso e coperto e quindi decidiamo di scendere per quel canale erboso. Nicola scende per primo per assicurarsi che si possa fare e metre io cerco ancora qualche possibile traccia, mi avvisa di scendere. Il primo tratto è particolarmente in pendenza e ci aggrappiamo ben bene sulla loppa per non scivolare. Attraversiamo il canalone da destra a sinistra e continuiamo zigzagando a scenderlo. Le mie gambe sono finite e decido di farlo in vera scivolata sul sedere e di aggrapparmi all’erba con le mani. Bello, divertente! L’erba alta è morbida e mi fa scendere veloce, la presa con le mani è sicura e l’erba è meglio di una corda fissa. Ogni tanto ci voltiamo per vedere alle nostre spalle e siamo confortati dal fatto che abbiamo scelto la strada giusta per scendere. Dal versante più a destra ci saremmo trovati un salto di roccia impraticabile.
La pendenza diminuisce leggermente ma continuo a scivolare per far riposare le gambe. Verso metà discesa incontriamo il sentiero, quello giusto e segnato che taglia in diagonale da destra a sinistra. Una volta giunti a casa, ricontrollando la piantina ci renderemo conto di aver mancato il primo tratto proprio perchè non abbiamo fatto la forcella giusta. Però ora ci siamo, abbiamo ritrovato il sentiero e lo seguiamo, sollevati dalla presenza dei bolli rossi che ci danno garanzia del percorso. Si scende di brutto e ci ritroviamo lungo le cenge già percorse in primavera, lungo questo sentiero, però in salita. Ancora una volta ci inganna il paesaggio. Ricordavamo che il sentiero tagliava in destra e scendeva verso il bosco, mentre tenendo la sinistra avremmo allargato troppo e ci saremmo diretti verso Casera Megna. Così tagliamo per sentiero in destra che però poco dopo finisce. Ancora dubbi! NOOOO! Io sfinito, con anche qualche vescica ai piedi (come sempre purtroppo) arranco. Facciamo un su e giù di una cinquantina di metri, un paio di volte, tra ghiaioni ed erba, finchè ci rendiamo conto che forse siamo più alti rispetto alla zona dove pensavamo di essere. Decidiamo allora di fare la scelta più giusta! Tornare sui nostri passi e prendere il sentiero segnato, mal che vada, ci siamo detti, ci porta in un sentiero che conosciamo…
E così è stato. Risaliamo ancora una volta gli ultimi metri di dislivello che ci riattaccano al sentiero. Io sono veramente finito e bestemmio un pochino sottovoce per la stanchezza (scusate dei dell’olimpo!) , ma in questi casi si deve tener duro e andare avanti. Sapevamo che comunque giù si andava in qualche modo. Nicola lo vedevo un po’ preoccupato, un po’ per l’ora tarda che cominciava ad arrivare, un po’ per il tempo che peggiorava e probabilmente un po’ perchè vedeva me piuttosto finito. Cercavo quindi di non dargli altre preoccupazioni o motivi di ansia. Scendiamo, e dopo aver costeggiato un po’ le pareti rocciose che ci erano tanto familiari, sbuchiamo finalmente nella zona dove veramente eravamo arrivati in primavera. Ci risolleva il morale tutto questo, e qui come ricordavamo, il sentiero piega a destra e scende piano piano nel bosco. Il bosco è a “discesa rapida” tra un tappeto di foglie, ma è un percorso molto lungo e continuiamo a sudare dalla fatica. Le mie vesciche si fanno sentire e cerco di mettere i piedi nel modo meno doloroso possibile, e continuiamo a scendere.
Ce la ricordavamo lunga questa discesa, e ricordavamo come in primavera, un simpatico nonnino di quelle parti, ci avesse dato letteralmente “merda” (scusate il francesismo) nello scendere davanti a noi. Nonostante i suoi 70 anni, non riuscivamo a stargli dietro… Altra generazione, altra resistenza. Non ne nascerà più di gente così, ne sono certo purtroppo. Il nonnino quel giorno era salito sino in Forcella de la Cazeta per andare a vedere i camosci. Ci raccontò di come nei due giorni precedenti aveva fatto legna e quindi fosse un po’ stanco (noi manco ci siamo arrivati in forcella quel giorno…) Ci disse che suo figlio lo sgridava perchè a settant’anni, andava ancora a caccia “tra i pericoli”, dato che un giorno uccise un camoscio il quale finì giù per una cengia esposta dove non ci si arrivava a piedi. Il nonno si era allora calato in corda, si era messo il camoscio in spalla ed era tornato tranquillo a casa… E mentre noi ascoltavamo con stupore queste frasi dette da una bocca con oramai pochi denti, che rendevano le parole difficilmente comprensibili, il nonno ci salutò e scese per il sentiero dicendoci “Vado giù piano piano perchè son stanco”. Fossimo stati capaci di riprenderlo! Lo vedevamo sempre un paio di tornanti avanti a noi, scendere come un capriolo, con calma ma veloce come una spada! Persone fantastiche!
Ma torniamo al “presente”. La discesa è oramai finita (come il mio stato fisico) e solamente per un attimo facciamo un’altra piccola deviazione, ma subito torniamo sui nostri passi e finalmente arriviamo sulla strada ghiaiosa, dove il cartello con segnavia 513 indica la salita da dove provenivamo.
Ci sdraiamo letteralmente a terra, beviamo e mangiamo tutto quello che ci è rimasto nello zaino. Nicola estrai l’altimetro e dopo avergli dato uno sguardo me lo lancia: segna 2317 mt di dislivello percorso. Il nostro record personale. Siamo stanchi (io finito) ma soddisfatti per il giro, e per essere riusciti comunque a prendere le decisioni giuste nel momento dell’errore. Tutta esperienza, questo è sicuro!
Il tempo è ancora coperto, “ma ora può anche diluviare“, dicevamo. Dopo la pausa, alziamo ancora una volta lo sguardo verso la Croda Auta che ci guarda dall’alto, consci che probabilmente non riusciremo mai a fare la sua Cengia dell’Adriano, data la difficoltà elevata. Ci alziamo e con calma percorriamo l’ultimo tratto che ci porta all’auto. Lungo la strada qualche fragolina selvatica ci delizia e ci fa gustare l’ennesimo cambio di ambientazione. L’arrivo all’auto è una visione bellissima. Ci cambiamo. Ho i piedi sfatti dalle vesciche, ma ormai sono arrivato e quindi va tutto bene. Salviettine umidificanti, qualche battuta e via sulla strada del ritorno. Ci fermiamo a Longarone, andiamo al solito bar, ci sgargarozziamo due Radler e un bel toast che ci ridà un po’ di carica, e dopo aver dato uno sguardo alla “fauna” locale, riprendiamo con calma il viaggio di ritorno…
Altri commenti a questo percorso sono superflui, vi lascio qualche foto:
Ivo
Ciao Ivo,
sono Michele di Modena, l’amico di Nicola.
Che dire, permettimi di manifestarti tutta la mia sana invidia x almeno 3 motivi:
1- I meravigliosi giri che avete fatto e che ancora farete in montagna
2- La qualita` del tuo sito (veramente ben fatto; ovviamente il mio, che qui metto quasi vergognandomi nel farlo, non aveva nessuna velleita`; tra l’altro, come forse noterai l’ultimo aggiornamento risale al 05/03/04: 3 giorni dopo nasceva mio figlio, ed ecco svanito come d’incanto (ma felice di cio`) il tempo da dedicare alla montagna, al sito e ad altro!!!)
3- Aver visto “live” la faccia di Nicola dopo che il gruppetto di persone vi ha fatto notare l’errore di direzione x il Pramperet!!!
Attendo con ansia l’articolo sull’Antelao.
PS: avrei un paio di foto da farti/vi vedere, dove le invio?
Grazie e a presto
Che dire… per me è diventato ormai un appuntamento immancabile…. 🙂
Articolo ben fatto anche questo! complimenti IVR! Vivo l’attesa dei nuovi articoli, con lo stesso sentimento d’attesa che provo quando aspetto le nuove puntate di LOST ….
Le mie passeggiate di trekking della domenica non hanno nulla a che fare con queste imprese… ma leggerle sembra quasi di viverle in prima persona. PS: complimenti anche a Nicola per aver la pazienza di aspettarti… e per non darti merd@ nelle vostre scalate ;-P… he he he scherzo… Ciao!
Ciao Michele!!!
Grazie per gli immeritati complimenti!
Per quanto riguarda il terzo punto.. beh, è proprio vero! Vedere la faccia di Nicola vale quanto una scalata 🙂
Ti scrivo proprio ora una mail con le altre risposte 😉
Grazie!!
Manuel, tu sei oramai il mio “tester” di fiducia, e grazie per i tuoi commenti, addirittura paragonato a LOST eheheh!
E per accontentare entrambi, pubblico ora l’ultima conquista: L’Antelao! Enjoy! 😉
ivo e michele….. che dire… sapete dove dirigervi con la massima velocità!